Scritto molti anni fa da Guido Mangano, Ernesto de Bernardis e Giovanni Scapagnini, per il prof. Umberto Scapagnini, in occasione della sua partecipazione alla trasmissione di Mino D’Amato “Alla Ricerca dell’Arca” del 15 aprile 1989.
Teologi, storici, filosofi, artisti, leggono storie diverse nelle successioni degli elementi pittorici che costituiscono la volta della Cappella Sistina.
Adesso anche alcuni medici vogliono dire la loro: il gruppo di angeli attornianti la figura di Dio crea una sagoma incredibilmente simile all’immagine di una sezione sagittale del cervello.
Ma perché raffigurare un cervello?
Si tratta di un messaggio per i posteri o di una falsa chiave di lettura?
E’ riconosciuto l’interesse di Michelangelo per l’anatomia, ma a quella rappresentazione contribuiscono, con tutta probabilità, anche le concezioni neoplatoniche che proclamavano l’unità dell’Uomo con Dio, attraverso un’ascesi di cui un gradino è l’intelletto.
Angeli nel cervello
Osservando la volta della Cappella Sistina l’occhio del medico può cogliere nella “Creazione di Adamo” (una delle scene principali) insospettate somiglianze tra l’immagine del Padreterno che infonde lo spirito in Adamo, e l’immagine di un cervello umano.
Nella “Creazione di Adamo”, con enorme sorpresa, è stato infatti constatato che il gruppo di angeli attornianti la figura di Dio crea una sagoma incredibilmente simile all’immagine di una sezione sagittale del cervello.
Il primo a rivelare tale somiglianza è stato il neurologo Frank Lynn Meshberger, del St. John’s Medical Center in Anderson, Indiana (USA), pubblicando un suo articolo sulla prestigiosa rivista “Journal of American Medical Association” in cui ha descritto minuziosamente le sorprendenti corrispondenze che esistono tra l’anatomia di un cervello umano e la rappresentazione Michelangiolesca.
Sono ben visibili il contorno della volta del cervello, e della base; l’arco del braccio sinistro di Dio delinea il giro del cingolo, il panneggiamento verde alla base descrive il corso dell’arteria vertebrale; la schiena dell’angelo che sorregge Iddio corrisponde al ponte di Varolio, mentre le sue gambe si prolungano a costituire il midollo spinale.
Perfino il dettaglio della struttura bilobata dell’ipofisi è riprodotto fedelmente nel piede apparentemente bifido di un angelo, a differenza degli ordinari piedi di Dio e degli altri cherubini, dotati delle consuete cinque dita; mentre la coscia dello stesso angelo si staglia in corrispondenza del chiasma ottico.
L’osservazione del dott. Meshberger ha aperto un’altra strada da percorrere nel tentativo di svelare i significati più profondi di carattere teologico e filosofico che si celano tra l’intreccio delle forme e dei colori della volta della cappella Sistina.
Sono state descritte con somma di particolari le corrispondenze davvero sorprendenti che intercorrono tra l’immagine anatomica di un cervello e la scena della “Creazione di Adamo”, ma appare chiaro che se questa somiglianza non è una coincidenza, essa va giustificata alla luce delle conoscenze scientifiche e filosofiche di Michelangelo, o dei suoi committenti.
In primo luogo bisogna sapere se all’epoca di Michelangelo esistesse già la conoscenza dell’anatomia del cervello e se egli ne fosse stato partecipe; ma bisogna anche cercare di far luce su quale motivo l’abbia spinto a dipingere tale elaborazione.
Quale significato infatti si attribuiva, al tempo del grande artista, all’organo contenuto nella scatola cranica? Aveva già guadagnato l’interesse e l’importanza che lo contraddistinguono oggi?
E inoltre: perché associare il cervello umano all’immagine di Dio e degli angeli? Si tratta di un ardito paragone dell’inquieto genio fiorentino, oppure questa rassomiglianza era di pubblico dominio tra gli uomini di cultura del primo ‘500?
Bisogna calarsi profondamente nel periodo storico, esaminarne le tensioni e le lotte tipiche di questa epoca di transizione, per scoprire quali profondi mutamenti politici, religiosi e filosofici potrebbero avere influenzato il pensiero e l’opera di Michelangelo.
Anatomisti e chiesa romana
Con la fine del Medioevo iniziò quel grande movimento caratterizzato dal risveglio della cultura antica, mediante la conoscenza degli scrittori greci e romani. Sorse così l’Umanesimo che sfociò nel Rinascimento. In questo movimento, di origine essenzialmente italiana, la conoscenza della natura reale delle cose si liberava dai vincoli imposti alla scienza dalla concezione religiosa medioevale, influendo sulla politica e sull’arte, mentre la scienza si avviava sulla via dell’osservazione diretta della natura. Ciò si ebbe anche per la medicina, ed il primo fattore di progresso fu la rinascita dell’anatomia.
Infatti, sul finire del XV secolo, il pontefice Sisto IV (dal quale prende nome la Cappella Sistina) concedeva in una Bolla, a tutti gli Istituti Universitari, di effettuare dissezioni sui cadaveri. Si riprese a verificare in pratica quanto riportato negli antichi trattati anatomici di Galeno e della sua scuola. Questo fervore nella ricerca dell’approfondimento delle conoscenze anatomiche non fu certo scevro da ostacoli posti sul cammino del nuovo pensiero da parte di uomini ancora fortemente legati alle vecchie concezioni e, soprattutto, da parte della Chiesa Romana. Esempi della lotta che si combatteva a quel tempo anche in campo anatomico, sono le tragiche e misteriose vicende che colpirono insigni medici come Michele Serveto o Andrea Vesalio.
L’opera di Michele Serveto “Christianismi Restitutio”, nella quale per la prima volta si accennava all’ipotesi della circolazione polmonare, fu bruciata insieme al suo autore condannato al rogo.
Andrea Vesalio, invece, avendo pubblicato, prima, un commento al libro di Ar-Razi, poi, “Tabulae Anatomicae VI” e l’opera “De Humani Corporis Fabrica “che ribaltavano le vecchie teorie di Galeno, si attirò l’ostilità degli studiosi tradizionalisti del tempo. A causa della tensione che si era creata per i suoi scritti, abbandonò Padova e intraprese un pellegrinaggio in Terra Santa, forse per ordine delle stesse autorità ecclesiastiche che lo avevano in astio. Sulla strada del ritorno morì misteriosamente a Zante.
Da Galeno a Michelangelo
Il lavoro di Galeno (138-201) si era basato sulla dissezione di cadaveri di animali, e per questo era costellato di inesattezze. Galeno aveva comunque già compreso l’importanza fondamentale del cervello, organo che secondo la sua concezione, oltre ad essere sede di produzione del seme, forniva l’energia psichica (chiamata Spirito Animale) a tutte le membra attraverso i nervi, immaginati perforati come canalini. Lo Spirito Animale sarebbe stato prodotto all’interno di un plesso vasale, che Galeno aveva osservato negli Ungulati, denominato Rete Mirabile, e che non esiste nel cervello umano.
La diceria dell’esistenza di questa struttura persisterà per almeno milleduecento anni, mai smentita fin a quando la scienza non iniziò di nuovo a farsi empirica.
Tra il lavoro di Galeno e quello trecentesco di Mondino da Luzzi, che oserà arricchire le sue lezioni con dissezioni pratiche sul cadavere, un millennio di cultura cristiana è privo di contributi originali; ma la scuola araba approfondisce l’anatomia ed il resto della medicina, partorendo pensatori che verranno tradotti e attentamente studiati all’epoca di Michelangelo. Tra questi spiccano le figure di Ibn Sina (Avicenna) ed Ar-Razi (Rhazes); quest’ultimo fu anche un importante esponente del pensiero Batinita, una dottrina politico-religiosa che, tra l’altro, cercava di conciliare l’Islamismo con il Neoplatonismo.
Dopo Mondino la figura preminente negli studi anatomici, insieme a Berengario da Carpi, fu Leonardo da Vinci, del quale non serve illustrare l’eclettismo e la genialità. Egli ebbe modo di approfondire l’anatomia quando era a Roma al servizio di Cesare Borgia, dissezionando clandestinamente cadaveri nella camera mortuaria dell’ospedale di Santo Spirito, e studiò approfonditamente il cervello, anche se alcune concezioni rimasero per forza di cose ancorate alle dottrine del passato.
Berengario da Carpi (professore di Anatomia a Bologna durante la realizzazione pittorica della volta della cappella Sistina) fu il primo anatomista a rinnegare apertamente l’autorità di Galeno, affermando di non avere mai visto la Rete Mirabile che tanto fondamentale era nella dottrina galenica. Studiò tra l’altro in profondità i ventricoli cerebrali, che a quel tempo erano ritenuti una struttura di grande importanza nella genesi della psiche.La sua carriera fu stroncata dall’accusa di vivisezione umana, accusa che ritroviamo spesso anche nei confronti di altri anatomisti dell’epoca.
Anatomia e Arte
Nel XVI secolo gli artisti erano spinti dal desiderio di conoscere approfonditamente tutte le parti del corpo umano e si crearono stretti sodalizi con gli anatomisti più insigni : Leonardo da Vinci, ad esempio, lavorò insieme a Marcantonio della Torre; Calcar, allievo di Tiziano, eseguì sotto le indicazioni di Andrea Vesalio pregevolissime tavole anatomiche; Michelangelo ebbe rapporti strettissimi di amicizia e di lavoro con Realdo Colombo, professore di anatomia all’università di Padova, ed eseguì spesso dissezioni di cadaveri sia a Firenze, in gioventù, presso la cappella di Santo Spirito, sia, nell’età matura, a Roma, come attesta il suo contemporaneo e biografo Giorgio Vasari :
[Michelangelo] “Fece per la chiesa di Santo Spirito della città di Firenze un Crocifisso di legno, che si pose ed è sopra il mezo tondo dello altare maggiore a compiacenza del priore, il quale gli diede comodità di stanze; dove molte volte scorticando corpi morti, per istudiare le cose di notomia, cominciò a dare perfezione al gran disegno ch’egli ebbe poi”…”infinite volte fece anatomia, scorticando uomini per vedere il principio e legazioni dell’ossatura, muscoli, nerbi, vene e moti diversi, e tutte le positure del corpo umano”; “…e s’egli avesse avuto un subietto, che me lo disse parecchie volte, avrebbe spesso, così vecchio, fatto notomia”.
A quel tempo i contatti tra gli intellettuali erano strettissimi, e non soltanto tra gli anatomisti e gli artisti desiderosi di perfezionare la propria pittura, ma fra studiosi di varie discipline. Infatti è tipico del Rinascimento l’eclettismo. Avveniva spesso, come nei personaggi che abbiamo citato, che un medico anatomista fosse anche teologo, filosofo, astronomo e artista.
Esempi di questa vocazione enciclopedica si trovano in Leonardo, in Pico della Mirandola, in Marsilio Ficino o in Girolamo Fracastoro, che oltre ad essere medico, matematico, astronomo, poeta, teneva presso la sua dimora un cenacolo del quale facevano parte anche nomi come Nicola Copernico, Andrea Vesalio e Marcantonio Della Torre.
Michelangelo, come a maggior ragione Leonardo, non riuscì a passare alla storia anche come attento studioso di anatomia perché il suo progetto di realizzare un opera su tale argomento fallì a causa della morte dell’amico medico Realdo Colombo. Non vi sono però dubbi sull’enorme interesse che aveva per questa disciplina, e non soltanto per perfezionare la propria arte, ma per vero spirito di ricerca e di indagine scientifica, tant’è che continuò a praticare dissezioni anatomiche fino alla fine della sua vita, in tarda età.
Le sue esperienze di dissezione ed i suoi contatti con i luminari della medicina d’allora, che proprio in quel periodo stavano rivoluzionando le concezioni anatomiche ereditate da un medioevo di stasi nel campo della ricerca empirica, fanno pensare che egli sia stato partecipe delle nuove teorie che vanno anche inquadrate all’interno di un processo di trasformazione del modo di vedere le cose. Una trasformazione che era anche il frutto di un innovato pensiero filosofico; un pensiero nuovo, ma con radici antiche che trasportavano linfa vitale da filosofie e religioni del passato.
Il Neoplatonismo
Centro principale di sviluppo e fulcro di diffusione di queste nuove dottrine fu Firenze, e qui l’artista le avrebbe assimilate durante gli anni della formazione, alloggiando presso il suo mecenate Lorenzo il Magnifico, che come afferma il Vasari ebbe un atteggiamento paterno nei confronti del giovane Michelangelo :
[Lorenzo il Magnifico] “…fatto proposito di aiutare e favorire Michelagnolo, mandò per Lodovico suo padre, e gliene chiese, dicendogli che lo voleva tenere come un de’ suoi figlioli, ed egli volentieri lo concesse; dove il Magnifico gli ordinò in casa sua una camera, e lo faceva attendere, dove del continuo mangiò alla tavola sua co’ suoi figlioli ed altre persone degne e di nobiltà, che stavano col Magnifico, dal quale fu onorato…” (Giorgio Vasari, Vite, 1550).
Ebbe, quindi, sicuramente stretti contatti con intellettuali quali Pico della Mirandola e Marsilio Ficino, che furono tra i più insigni esponenti di una filosofia che aspirava a conciliare il pensiero della Chiesa con quello dei Platonici e che come lui frequentavano il Giardino di S.Marco, punto di incontro, messo a disposizione da Lorenzo, per i grandi personaggi della cultura di allora. E’ questo il periodo in cui sorge l’Accademia Platonica.
La filosofia sviluppata alla corte di Lorenzo il Magnifico aveva radici antiche: Platone e i suoi epigoni, la Cabbala ebraica, la magia Caldea ed il Cristianesimo. Da questi fondamenti gli uomini del Rinascimento fiorentino svilupparono nuove concezioni, in cui il Mondo assume un aspetto dinamico dove l’uomo altro non è che un gradino intermedio tra l’essere e Dio. L’uomo non è più visto come qualcosa di casuale o fortuito, ma, al contrario, funzione di una causa, e finalizzato al raggiungimento dell’unità con il resto delle cose attraverso l’intelletto, ultimo gradino prima della Divinità.
Questa concezione, nuova per il tempo, costituisce il terreno di coltura per una nuova generazione di studiosi che applicano la loro ricerca alla comprensione del mondo per fini teologici ed ascetici. L’uomo acquista così una sua dignità perché, appunto, non è più passivo e supino alla Natura, ma quanto più è attivo tanto più tende alla perfezione.
Michelangelo si muoveva in questo ambiente, partecipava ai dibattiti, assorbiva una nuova dottrina che mutava il modo di vedere il Mondo; era circondato da una cerchia di aristocratici che proclamava l’unità con Dio attraverso un’ascesi che passa per diversi gradini, di cui l’ultimo è l’intelletto.
L’intelletto, nella visione degli appartenenti all’Accademia Platonica, era simbolicamente rappresentato dagli angeli, come nella sua opera, “De Christiana Religione”, scriveva Marsilio Ficino: “L’anima imita Iddio con l’unità, gli angeli con l’intelletto, la specie propria con la ragione, gli animali bruti col senso, le piante col nutrimento, le cose che mancano di vita con l’essere. E’ dunque l’anima dell’uomo in un certo modo tutte le cose”.
Epilogo: perché un cervello?
Michelangelo conosceva le argomentazioni neoplatoniche sull’intelletto, e sapeva che gli anatomisti suoi contemporanei, con cui era in stretto contatto, ponevano la sede dell’intelletto nei ventricoli del cervello.
Scriveva Berengario da Carpi, professore di anatomia a Bologna all’epoca in cui Michelangelo eseguiva la volta della Cappella Sistina:
“Sia che la mia opinione sia nuova o antica, io credo che sia molto convincente. Ritengo che i citati poteri della mente siano localizzati nelle due cavità anteriori del cervello, che la fantasia sia localizzata anteriormente e non altrove, che il pensiero stia a metà e la memoria posteriormente, e anche ai lati, perchè la parte posteriore di quel ventricolo si estende ai lati delle orecchie”.
Alcuni studiosi hanno ravvisato nella volta della Sistina degli elementi che potrebbero far leggere l’opera in chiave neoplatonica: le immagini lungo il perimetro della volta, i Profeti e le Sibille, sono state giudicate come le rappresentazioni di Neoplatonici. All’interno di questo quadro interpretativo viene ora ad assumere una posizione centrale la raffigurazione della “Creazione di Adamo”.
Infatti, Michelangelo, partecipe del pensiero neoplatonico, avrebbe potuto mettere tra Dio e Adamo gli angeli, allegoria dell’intelletto, forse con il proposito di indicare la strada per arrivare all’unità con il Creatore; peraltro non è da escludere che, conoscendo l’anatomia e la funzione del cervello come sede dell’intelletto, abbia modellato Dio ed angeli in tal guisa.
Il dito di Dio sfiora, ma non tocca, la mano di un Adamo già completamente formato, in un gesto che non sembra solo di creazione.
In quel gesto si può vedere molto di più: il protendersi di Adamo verso il Dio che lo ha appena creato, la descrizione della ascesi che deve compiere l’uomo per raggiungere l’unità col creato e col creatore, e che passa necessariamente per la strada dell’INTELLETTO
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